Anca

L’anca è l’articolazione tra la testa del femore e l’acetabolo del bacino. Nell’anca sana, entrambi i capi ossei sono rivestiti da cartilagine articolare, che permette alla testa del femore di scorrere liberamente nell’acetabolo, consentendo i movimenti di rotazione, flessione, apertura e chiusura della coscia. Nell’anca artrosica, la cartilagine articolare è usurata e non consente il regolare scorrimento della testa femorale all’interno dell’acetabolo, causando dolore e limitazione del movimento.

L’artrosi dell’anca è una malattia degenerativa a carico dell’articolazione tra il bacino e la testa del femore, caratterizzata dal progressivo consumo della cartilagine che ricopre tale articolazione.

Le cause di questo progressivo consumo possono essere molteplici, ma generalmente questo avviene come naturale conseguenza dell’invecchiamento.
Qualche volta invece il processo artrosico può essere velocizzato da alterazioni anatomiche costituzionali, pregressi traumi o interventi chirurgici o da attività lavorative pesanti.

I sintomi all’inizio sono lievi e generalmente si manifestano solo dopo lunghe camminate o movimenti di rotazione dell’anca. Nelle fasi più avanzate dell’artrosi il dolore può essere anche a riposo e i movimenti diventano sempre più limitati: dalla difficoltà a salire/scendere dalla macchina fino all’impossibilità di allacciarsi le scarpe o mettersi le calze da soli.
Il dolore ha quasi sempre sede inguinale, ma qualche volta può scendere lungo la coscia irradiandosi al ginocchio.

Nei casi lievi di artrosi all’anca il trattamento prevede intraprendere un ciclo di fisioterapia mirata al rinforzo muscolare ed al recupero per quanto possibile della mobilità naturale. In alcuni casi è anche possibile eseguire terapia infiltrativa ecoguidata dell’anca.
Nei casi più avanzati di artrosi dove il trattamento conservativo non è stato efficace, è indicato eseguire l’intervento di protesi d’anca.

Nell’intervento di protesi totale d’anca, le superfici articolari danneggiate vengono rimosse e sostitute con le componenti protesiche.
La testa femorale viene sostituita con una nuova testa, in ceramica o in lega di cromo-cobalto, ancorata ad uno stelo in titanio o in lega di cromo-cobalto, che viene fissato all’interno del canale femorale. La fissazione dello stelo può essere di due tipi: non cementata o cementata. La fissazione non cementata è realizzata mediante il solido incastro di uno stelo in titanio poroso all’interno del canale femorale. L’osso del paziente in 8-12 settimane si integra nelle porosità dell’impianto rendendo l’unione con la protesi definitiva. Nella fissazione cementata, invece, uno stelo in lega di cromo-cobalto viene fissato all’interno del canale femorale con del cemento acrilico, simile ad un collante a presa rapida. Questo tipo di fissazione viene preferita in caso di osteoporosi avanzata.
La cartilagine usurata dell’acetabolo viene sostituita invece con una coppa (cotile) sempre in materiale metallico poroso, titanio o tantalio, che viene fissata ad incastro nel bacino. In caso di scarsa tenuta, la fissazione della coppa può essere implementata mediante l’utilizzo di viti che saranno utili nei primi 2-3 mesi fino alla fase di integrazione ossea. Raramente è necessario ricorrere alla fissazione con cemento del cotile. All’interno del cotile viene poi posizionato un inserto, in polietilene o ceramica, che costituirà la superficie di scorrimento per la nuova testa femorale.

La revisione di protesi d’anca è un intervento che consiste nel sostituire la precedente protesi d’anca quando quest’ultima comincia a provocare dolore o ha un malfunzionamento.
Uno dei principali motivi per cui si revisiona una protesi d’anca è l’usura. Le protesi d’anca impiantate più di 15 anni fa avevano una differente composizione di materiali rispetto alle protesi moderne, pertanto è più facile che si usurino. Nel caso in cui l’usura riguardi solo le componenti mobili e non salde all’osso (l’inserto e la testina), l’intervento prevede cambiare solo queste componenti senza andare a rimuovere lo stelo o l’acetabolo, rendendo l’intervento più veloce e il decorso post-operatorio più semplice per il paziente.
Un altro dei motivi per cui si revisiona una protesi d’anca è quando lo stelo femorale o l’acetabolo o entrambi si sono mobilizzati, ovvero scollati dall’osso. In tal caso non è più sufficiente cambiare solo le componenti mobili dell’impianto, ma bisogna sostituire tutto. In questa situazione l’intervento risulta più complesso rispetto alla protesi d’anca eseguita la prima volta, così come il recupero successivo.

Nel caso in cui non sia indicato eseguire l’intervento di protesi d’anca, allora possono avere un ruolo le infiltrazioni intrarticolari.
L’articolazione dell’anca, a differenza di quella del ginocchio, ha uno spazio più ridotto per accogliere il farmaco, motivo per cui spesso è una procedura un po’ più dolorosa e che dà meno garanzie di successo rispetto alle infiltrazioni al ginocchio.
L’articolazione dell’anca, per via dello spazio ridotto e per via della sua profondità rispetto alla cute, è difficile da raggiungere “a mano libera”. Tale procedura è infatti sempre necessario eseguirla sotto guida ecografica.

I farmaci che possono essere utilizzati per l’infiltrazione sono svariati, e l’indicazione cambia in base al grado di artrosi e dalla tipologia del paziente. La scelta del farmaco più adatto viene presa in condivisione con il medico, che vi illustrerà i pro e i contro di ognuno.
I farmaci più utilizzati sono:

  • Acido ialuronico: ne esistono di vario tipo (basso, alto peso molecolare, cross-likati…). Alcuni acidi sono indicati nell’artrosi medio-grave, altri nell’artrosi lieve, altri ancora nei casi con leggera condropatia. Da un punto di vista biologico ha una funzione di viscosupplementazione e viscoinduttiva.
  • PRP (Platelet Rich Plasma) o gel piastrinico: la funzione del gel piastrinico è simile a quella dell’acido ialuronico, l’unica differenza è una maggiore funzione antinfiammatoria (almeno in laboratorio). Tutti gli studi hanno dimostrato che la percentuale di successo del PRP è sovrapponibile a quella dell’acido ialuronico, talvolta però il paziente è sensibile al PRP e non all’acido ialuronico, o viceversa. Per questo motivo, visto l’alto costo del PRP, consigliamo di utilizzarlo solo come seconda linea se l’acido ialuronico non fosse riuscito a togliere il dolore.
  • Cortisonico: viene utilizzato nei casi più severi di artrosi dove le cellule cartilaginee del paziente rimaste sono davvero poche, in questi casi la funzione biologica dell’acido ialuronico o del PRP non avrebbe un “terreno valido” su cui agire.

 

Icona

    Schede Utili