Ginocchio

L’articolazione del ginocchio è la più complessa dello scheletro umano, unisce la coscia e la gamba ed è composta dal femore, dalla tibia e dalla rotula. Il ginocchio permette movimenti di estensione e flessione della gamba rispetto alla coscia, mentre i movimenti di rotazione sono limitati dalla presenza dei legamenti crociati e collaterali.

Nell’artrosi, la cartilagine articolare è usurata ed impedisce il normale scorrimento delle superfici, causando dolore e limitazione del movimento e dell’autonomia di marcia. L’usura può essere semplicemente dovuta ad un fisiologico invecchiamento della cartilagine o può essere secondaria a traumi, fratture, malattie reumatiche e altre condizioni patologiche, e può interessare uno o più comparti del ginocchio.

L’intervento di protesi di ginocchio ha lo scopo di sostituire le superfici di scorrimento usurate in modo da ripristinarne la mobilità e la funzionalità dell’articolazione.

Per accedere all’articolazione, viene praticata un incisione cutanea sulla parte anteriore del ginocchio di circa 15-20 cm. Successivamente, con strumenti dedicati, vengono asportate le superfici usurate e viene sagomato l’osso per poter accogliere la protesi.

Esistono diversi tipi di protesi. La scelta del tipo di impianto è personalizzata per ogni paziente e dipende dall’età, dal tipo di artrosi e dalla qualità ossea e dei legamenti.

Quando il processo artrosico coinvolge selettivamente un solo comparto femoro-tibiale, può essere utilizzata una protesi parziale o monocompartimentale. Se invece l’artrosi interessa in modo più diffuso tutto il ginocchio sarà necessaria una protesi totale. La protesi è composta da una componente tibiale (in titanio) ed una componente femorale (in lega di cromo-cobalto) Tra le due componenti, viene inserito un inserto plastica speciale (polietilene), che costituirà la superficie di scorrimento. Se l’usura della rotula dovesse risultare rilevante all’ispezione intraoperatoria, verrà protesizzata anche la rotula con una componente in polietilene. Comunemente le protesi vengono fissate all’osso mediante cemento, dando la possibilità di appoggiare da subito tutto il peso corporeo sull’arto operato. In casi selezionati può essere impiantata una protesi non cementata, costituita da materiali osteointegranti, come tantalio o titanio rugoso.

In caso di usura limitata al solo compartimento femoro-rotuleo, può essere impiegata una protesi femoro-rotulea, in cui vengono sostituite solo la superficie articolare anteriore del femore (troclea femorale), con una componente in cromo-cobalto, e la superificie articolare della rotula con una componente in polietilene.

E’ possibile effettuare, dopo averne discusso col proprio chirurgo, interventi di protesizzazione di uno dei comparti femoro-tibiali, interno o esterno, associati alla protesizzazione del compartimento femoro-rotuleo.

La revisione di protesi di ginocchio è un intervento che consiste nel sostituire la precedente protesi di ginocchio impiantata. L’intervento di revisione di ginocchio può variare per complessità: partendo da un intervento molto semplice dove si cambia solo la plastica di scorrimento (polietilene), arrivando ad un intervento molto complesso come la sostituzione di tutte le componenti protesiche.

Per decidere quale fra questi interventi è il più indicato, il paziente deve sottoporsi ad una serie di esami radiografici e talvolta anche biochimici del liquido articolare (per escludere che ci siano infezioni).

Nei casi ad esempio dove si imputa all’usura della plastica la causa del fallimento, spesso è sufficiente solo cambiare questo pezzo rendendo l’intervento veloce e il recupero per il paziente nel post-operatorio più rapido.

Nei casi invece in cui una o entrambe le componenti protesiche sono posizionate male oppure sono mobilizzate (ovvero si sono scollate dall’osso), allora è necessario cambiare tutta la protesi. Rendendo di conseguenza l’intervento più lungo e la riabilitazione successiva più impegnativa rispetto all’intervento di protesi eseguito per la prima volta.

Esistono soluzioni chirurgiche anche per i casi che sono stati revisionati già una o due volte. Tali casi però risultano generalmente molto più complessi e le soluzioni devono essere prese assieme al chirurgo personalizzate sul paziente.

LEGAMENTO CROCIATO ANTERIORE

Il ginocchio è l’articolazione più complessa ed ampia del nostro corpo. La sua struttura permette di eseguire ampi movimenti di flesso-estensione e limitati movimenti di rotazione, mantenendo però sempre ben stabile e salda tutta l’articolazione. A mantenere stabile il ginocchio concorrono i muscoli della coscia ed i legamenti crociati e collaterali.

Il principale stabilizzatore del ginocchio è il legamento crociato anteriore. Questo importante legamento unisce la tibia al femore e stabilizza il ginocchio nei movimenti di rotazione e di traslazione anteriore della tibia. Purtroppo però il legamento crociato anteriore è anche il legamento che con più frequenza si rompe durante le attività sportive ad alto impatto o con movimenti di rotazione, come calcio, basket o sci.

Sintomi

I sintomi che quasi sempre accompagnano una rottura del legamento crociato anteriore sono:

  • Un avvertito “crack” durante il trauma
  • Dolore ai minimi movimenti del ginocchio
  • Severo gonfiore
  • Difficoltà ad appoggiare il peso a terra
  • Sensazione di instabilità e/o cedimenti del ginocchio

 

Cosa fare appena avviene il trauma?

Nei traumi sportivi, soprattutto in quelli ad alto impatto, conviene sempre recarsi presso un pronto soccorso in modo da escludere la presenza di fratture.

Una volta esclusa la presenza di fratture conviene: immobilizzare per alcuni giorni il ginocchio, applicare ghiaccio locale, camminare con due stampelle, mantenere elevato l’arto infortunato ed assumere antinfiammatori.

Questa fase di dolore e gonfiore generalmente dura 2 settimane, passate le quali si riesce ad appoggiare il peso senza dolore e a camminare senza stampelle. Il movimento del ginocchio potrebbe rimanere limitato per qualche giorno in più, ma la ripresa è comunque completa nel momento in cui il gonfiore passa del tutto.

Quando fare la Risonanza Magnetica?

La Risonanza Magnetica Nucleare (RMN) nei casi di sospetta lesione del legamento crociato anteriore non andrebbe mai fatta prima di 10-15 gg dal trauma. Questo perché il sangue e il liquido accumulati nel ginocchio non permetterebbero una adeguata e corretta visione del crociato, rischiando di dire al paziente che il crociato è rotto quando in realtà non è così.

Quando fare la visita ortopedica specialistica?

Conviene fare la visita ortopedica quando si è in possesso delle immagini della RMN, generalmente quindi a 2 settimane dal trauma. L’ortopedico infatti, unendo la visita alle immagini di RMN, riesce a capire se il crociato è da operare e se sono presenti lesioni associate (danni della cartilagine, lesioni ai menischi, edemi ossei).

Il crociato deve essere operato subito?

Il legamento crociato anteriore non è mai un urgenza medica. Ciò significa che non c’è fretta per ricostruirlo. Spesso sentiamo parlare dei calciatori che vengono operati la mattina successiva al trauma. Questi sono casi particolare dove anche un mese di ritardo nel recupero del calciatore implica ingenti perdite economiche per la società sportiva.

Prima di ricostruire il legamento crociato anteriore andrebbero sempre aspettati almeno 1-2 mesi, in modo di dare tempo al ginocchio di sfiammarsi del tutto. Infatti ricostruire il crociato in un ginocchio ancora infiammato aumenta il rischio di complicanze.

E’ sempre necessario ricostruire il crociato?

No, il legamento crociato anteriore non deve sempre essere ricostruito. Varia molto da paziente a paziente. Alcuni pazienti con una buona fisioterapia e un buon rinforzo dei muscoli stabilizzatori del ginocchio riescono a condurre una vita normale ed a praticare attività sportiva senza problemi e senza avvertire “instabilità”.

Altri pazienti invece, soprattutto quelli più giovani, anche dopo adeguata fisioterapia avvertono instabilità durante l’attività sportiva. E’ in questi pazienti che si deve prendere in considerazione l’ipotesi di intervenire chirurgicamente.

 

L’intervento chirurgico in cosa consiste?

L’intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore si svolge interamente in artroscopia e prevede inizialmente la rimozione dei residui del vecchio crociato non più funzionanti. Successivamente vengono creati un tunnel nella tibia e uno nel femore, all’interno dei quali viene fatto passare il nuovo legamento crociato. Una volta verificata la sua corretta posizione e funzionalità, il nuovo crociato viene fissato ai due tunnel con pin, viti o placchette.

Per la creazione del nuovo legamento possono essere utilizzati due tipi diversi di tendine del paziente: o i tendini flessori del ginocchio (in particolare il semitendinoso e il gracile), oppure parte del tendine rotuleo. La scelta fra uno o l’altro tipo di tendine varia in base alle richieste funzionali del paziente e alle necessità dei tempi di ritorno allo sport. Il tendine rotuleo infatti ha il vantaggio di permettere un recupero più rapido e di essere un tendine più rigido, ha il grosso svantaggio però di poter dare delle tendiniti e dei dolori residui anteriori al ginocchio nella zona in cui è stato prelevato. I tendini flessori del ginocchio invece portano ad un recupero funzionale leggermente più lento, ma sono più semplici da prelevare riducendo al minimo il rischio di complicanze post-operatorie.

Tempi di recupero dopo l’intervento di ricostruzione di legamento crociato anteriore

Dal giorno dopo l’intervento fino a circa 20 giorni dopo, il paziente inizia a camminare con due stampelle, muovendo il ginocchio e appoggiando il peso per quanto tollerato in base al dolore. In questi 20 giorni il paziente dovrà iniziare una cauta fisioterapia mirata esclusivamente al mantenimento della maggiore escursione articolare possibile.

Al 20° giorno il paziente eseguire il controllo ortopedico o fisiatrico dove verranno rimossi i punti e verificato l’andamento del recupero. A questo controllo viene concesso il carico completo, abbandonando progressivamente le stampelle e il paziente potrà iniziare una fisioterapia più importante mirata non solo al recupero della completa articolarità del ginocchio ma anche al potenziamento muscolare.

Al 3° mese viene eseguito un nuovo controllo ortopedico dove, in base allo stato di recupero del paziente, viene dato il via libera per gli sport a basso impatto e senza cambi di direzione (nuoto, corsa, bicicletta). Da questo controllo fino al 5°-6° mese prosegue la fisioterapia mirata al recupero della forza muscolare e allo sviluppo della propriocezione, in modo da consentire di svolgere anche tutti quegli sport con movimenti in rotazione del ginocchio.

MENISCO

Il menisco è una struttura composta da fibrocartilagine, situata nel nostro ginocchio fra il femore e la tibia.

E’ a forma di spicchio d’arancia e ne esistono due nel ginocchio: uno all’interno (detto “mediale”) e uno all’esterno (dello “laterale”).

La sua funzione principale è quella di “ammortizzatore” del ginocchio. Si è scoperto infatti che chi ha lesionato precocemente i propri menischi o li ha asportati chirurgicamente, va più velocemente incontro ad usura del femore e della tibia, e quindi ad artrosi. Questo è il motivo principale per cui si cerca sempre più spesso di salvarli e non portarli via chirurgicamente come si faceva un tempo.

Esistono due tipi principali di lesioni dei menischi e la loro distinzione è fondamentale perché cambia il tipo di trattamento da intraprendere.

I menischi infatti possono essere:

  • degenerati in modo diffuso
  • rotti in un punto specifico

 

MENISCO DEGENERATO

Un menisco degenerato è un menisco che ha perso le sue proprietà elastiche di “ammortizzatore”.

Quando questo avviene, non succede in un punto specifico del menisco, ma lo colpisce quasi in tutta la sua interezza.

Questa degenerazione avviene per due motivi principalmente: quando le articolazioni invecchiano naturalmente e quando abbiamo condotto una vita, lavorativa o sportiva, che ha sollecitato molto le nostre ginocchia.

Nella maggior parte dei casi questa degenerazione non fa male, in alcuni casi però può risultare dolente e invalidante.

Il trattamento è sempre in prima battuta conservativo: si fanno infiltrazioni con acido ialuronico,  terapie fisiche o si utilizzano tutori che portano il peso su parti del ginocchio non coinvolte dalla patologia.

Si cerca sempre di provare tutte le strade “conservative” possibili quando si parla di menisco degenerato. Questo perché, come si è detto prima, la degenerazione spesso coinvolge tutto il menisco. E portare via chirurgicamente tutto il menisco significherebbe eliminare il nostro ammortizzatore naturale, esponendoci ad un rischio molto aumentato di andare incontro ad artrosi.

Solo in alcuni casi selezionati, in cui tutte le terapie conservative non hanno avuto effetto, allora si può pensare di sottoporsi all’intervento chirurgico. Queste situazioni però vanno discusse caso per caso assieme al vostro medico.

 

MENISCO ROTTO O FRATTURATO

Un menisco rotto/fratturato è un menisco che ha una lesione (parziale o completa) che interessa un suo punto specifico. Generalmente questa lesione avviene per un meccanismo traumatico, dopo un movimento in accovacciamento o in rotazione del ginocchio.

E’ importante distinguerlo dal menisco degenerato poiché in questi casi la lesione, interessando un punto specifico e non tutto il menisco, può essere riparata o regolarizzata. E fino a che questa lesione non viene rimossa o riparata il ginocchio continua a far male nonostante le infiltrazioni.

Esiste poi un lesione particolare del menisco, detta lesione “a manico di secchio”, in cui il menisco si rompe longitudinalmente lungo tutto il suo decorso e la parte rotta si ribalta nel centro del ginocchio, bloccandolo. In questi casi il ginocchio rimane bloccato fino a quando non si rimuove chirurgicamente il frammento di menisco rotto oppure non ritorna spontaneamente al suo posto.

 

INTERVENTO CHIRURGICO

L’intervento chirurgico di un menisco rotto avviene completamente in artroscopia. Mediante una telecamera si guarda dal vivo la lesione e mediante un altro strumento la si porta via oppure, se la sua anatomia lo consente, la si sutura.

Bisogna essere a conoscenza che se il tipo di lesione non permette la sutura e la parte di menisco rotta deve essere portata via, questo ci espone ad un aumentato rischio di artrosi, che aumenta tanto più è grande la parte di menisco rimossa.

 

RECUPERO DOPO L’INTERVENTO

I tempi di recupero variano a seconda del tipo di intervento che è stato eseguito sul menisco.

Se la parte di menisco rotta è stata portata via, allora i tempi di ripresa sono molto rapidi.

Si utilizzano infatti le stampelle per 7-10 giorni, e successivamente si torna a svolgere una vita normale. L’attività sportiva si riprende dopo circa un mese dall’intervento.

Se la parte di menisco rotta è stata invece suturata, allora i tempi di recupero si allungano considerevolmente. Si parla infatti di circa 30-45 giorni dove bisogna camminare con due stampelle senza concedere peso sull’arto operato e senza piegare il ginocchio oltre i 90°. Dopo si comincia una cauta fisioterapia che dura 2-3 mesi, mirata al recupero del movimento e del tono muscolare della coscia. Solo dopo questa fisioterapia si possono iniziare gli esercizi propriocettivi, di corsa con cambi di direzione, e di recupero muscolare specifico per la propria attività sportiva.

Nel caso in cui non sia indicato eseguire l’intervento di protesi di ginocchio, allora possono avere un ruolo le infiltrazioni intrarticolari.

L’articolazione del ginocchio è molto superficiale e facilmente raggiungibile a “mano libera” senza dover ricorrere all’ausilio dell’ecografo. Generalmente l’infiltrazione viene eseguita dal portale supero-laterale della rotula, ovvero da sdraiati con una puntura appena sopra la rotula e lateralmente ad essa. In rari casi con severa artrosi di rotula o con rotula bassa può essere indicato eseguire l’infiltrazione da seduti passando lateralmente al tendine rotuleo.

I farmaci che possono essere utilizzati per l’infiltrazione sono svariati, e l’indicazione cambia in base al grado di artrosi e dalla tipologia del paziente. La scelta del farmaco più adatto viene presa in condivisione con il medico, che vi illustrerà i pro e i contro di ognuno.

I farmaci più utilizzati sono:

  • Acido ialuronico: ne esistono di vario tipo (basso, alto peso molecolare, cross-likati…). Alcuni acidi sono indicati nell’artrosi medio-grave, altri nell’artrosi lieve, altri ancora nei casi con leggera condropatia e degenerazione meniscale. Da un punto di vista biologico ha una funzione viscosupplementativa e talvolta viscoinduttiva.
  • PRP (Platelet Rich Plasma) o gel piastrinico: la funzione del gel piastrinico è simile a quella dell’acido ialuronico, l’unica differenza è una maggiore funzione antinfiammatoria (almeno in laboratorio). Tutti gli studi hanno dimostrato che la percentuale di successo del PRP è sovrapponibile a quella dell’acido ialuronico, talvolta però il paziente è sensibile al PRP e non all’acido ialuronico, o viceversa. Per questo motivo, visto l’alto costo del PRP, consigliamo di utilizzarlo solo come seconda linea se l’acido ialuronico non fosse riuscito a togliere il dolore.
  • Cortisonico: viene utilizzato nei casi più severi di artrosi dove le cellule cartilaginee del paziente rimaste sono davvero poche, in questi casi la funzione biologica dell’acido ialuronico o del PRP non avrebbe un “terreno valido” su cui agire.

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